In seguito all'applicazione dell'editto Taika del 646, nel periodo Nara giunge a compimento la formazione, in Giappone, di uno stato centralizzato e subordinato all'autorità della famiglia imperiale. In particolare, l'editto prevedeva l'assegnazione del pieno controllo delle terre al sovrano, che si riservava il diritto di riscuotere le tasse attraverso l'adozione di un sistema fondiario e fiscale già in uso in Cina. Tale sistema, detto kubunden (ovvero campi divisi per ogni bocca), comportava la distribuzione di determinate porzioni di terra alle famiglie contadine, tenute a coltivarle e a pagare i relativi tributi. Il governo imperiale ricavava da questo assetto una forza economica e politica assoluta ma non sempre riuscì, tuttavia, a garantire l'efficienza del sistema kubunden. Esso avrebbe subito importanti trasformazioni fino a rivelarsi praticamente inadeguato nell'assicurare l'egemonia del sovrano.
A determinare tali trasformazioni fu, innanzitutto, il fatto che in un Giappone ancora arretrato e centralizzato solo di recente, era assai difficile per il governo centrale combattere tendenze dure a morire come la sostanziale autonomia degli antichi uji (o clan) e l'influenza che essi avevano ancora sui contadini contribuenti. Inoltre, dato che si accedeva alle cariche più alte in base alla nascita e non al merito, mancava una burocrazia potente e in grado di amministrare correttamente le province; molte dei queste, infatti, venivano lasciate della corte in uno stato di semi abbandono. Per non parlare del fatto che la pressione fiscale esercitata sugli agricoltori spingeva questi ad abbandonare le terre kubunden mentre ondate di malattie provenienti dal continente (come l'epidemia di vaiolo del 735-737) provocavano la rovina e quindi l'abbandono di molti altri campi.
Tutti questi fattori resero evidente la debolezza e la mancanza di flessibilità del sistema cinese di nazionalizzazione della terra e spinsero il governo ad adottare contromisure per incrementare la produttività delle terre statali e, così, le entrate provenienti dalla loro tassazione. Infatti, con l'obiettivo di portare nuove risorse nelle casse dello stato, il governo volle estendere le aree coltivabili ma, non riuscendo a raccogliere la manodopera necessaria, promulgò due leggi che incentivassero la bonifica del territorio: un decreto del 723 concedeva a famiglie aristocratiche o istituzioni religiose il possesso privato per una o tre generazioni delle terre che avessero reso produttive; un'atro decreto del 743 avrebbe poi reso perpetua tale concessione.
Le due leggi contraddicevano palesemente l'intero sistema promosso dalla riforma Taika, dato che le nuove zone messe a cultura non erano più "terre pubbliche" e "di proprietà imperiale", ma possedimenti privati, detti shoen, sottoposte al controllo della nobiltà e del clero. In questo modo, aristocratici di corte e i grandi templi della capitale, ottenendo perfino l'esenzione fiscale, aumentarono notevolmente la loro ricchezza e la loro influenza a scapito di quelle del sovrano, che vide invece diminuire progressivamente le proprie entrate nonché il proprio controllo sulla terra e su i suoi abitanti.
Quindi, a partire dalle contraddizioni del sistema fondiario era ormai iniziato un processo di decadimento del potere centrale, un processo che non poteva essere arrestato nemmeno dell'iniziativa di imperatori energici e abili, come ad esempio Kanmu che regnò dal 781 all'806. Salito al trono come cinquantesimo imperatore, Kanmu è ricordato per aver trasferito la capitale da Nara a Nagaoka nel 784 e nuovamente a Heiankyo (l'odierna Kyoto) nel 794. Nella sua nuova sede, Kanmu mirò a rafforzare l'autorità imperiale e a ripristinare il suo antico ruolo limitando nel contempo la nascita di nuove tenute private. Ma alla lunga il suo progetto si sarebbe rivelato vano e la dinastia imperiale avrebbe finito per ricoprire un ruolo puramente sacrale e cerimoniale, mentre avrebbe smesso di ricoprire quello politico per circa un millennio.
mercoledì 26 marzo 2008
martedì 18 marzo 2008
Il periodo Nara 奈良時代 (710-784 d.C.)2
Come si è potuto capire dall'articolo precedente, la religione buddhista e la sua diffusione svolsero un ruolo determinante durante il periodo Nara. Infatti, nonostante non avesse sostituito lo Shintoismo ne come culto popolare ne come fonte principale del potere imperiale, il Buddhismo riscontrò un grande successo nel Giappone dell'epoca a livello sia religioso che culturale, godendo, tra l'altro, dei favori ufficiali della Corte. Per esempio, i grandi templi della capitale ricevettero un forte sostegno economico, attraverso la concessione di proprietà private e la possibilità di acquisire nuovi possedimenti senza dover pagare tributi al governo centrale. Per questo motivo, e per il fatto di avere tra i suoi monaci membri della nobiltà e perfino ex imperatori, il clero buddhista poté disporre di un peso politico tale da condizionare le dispute per il potere all'interno della stessa Corte imperiale.
Emblematico è l'episodio di cui fu protagonista l'Imperatrice Koken, figlia dell'Imperatore Shomu, salita al trono nel 749. Fervente buddhista, come lo era stato il padre, Koken patrocinò molte cerimonie e difese i princìpi della sua fede, condannando a pene severe chiunque li avesse violati. Nel 758, abdicò a favore dell'Imperatore Junnin e si ritirò a vita monastica; nel frattempo, aveva conferito cariche importanti a un monaco, Dokyo, probabilmente per averla guarita da una malattia. Grazie ai titoli e ai privilegi ricevuti da Koken, Dokyo divenne tanto potente da costituire una minaccia per l'Imperatore in carica, che intervenne militarmente contro di lui, ma senza successo: Dokyo sventò l'attacco e l'ex Imperatrice tornò sul trono col nome di Shotoku, condannando all'esilio il suo predecessore. L'Imperatrice, quindi, accrebbe ulteriormente con altre cariche il potere del monaco che, mosso dall'ambizione, pretese perfino di essere nominato Imperatore. Era evidente che il clero buddhista dominava ormai la Corte e fu solo la morte di Koken nel 770 a determinare la fine del potere di Dokyo, che venne esiliato dalla capitale.
In seguito, la vicenda spinse gli imperatori successivi a ridurre drasticamente il sostegno alle istituzioni religiose e a spostare, nel 784, la capitale da Nara a Nagaoka, a sud-est dell'odierna Kyoto, con lo scopo di allontanare, anche fisicamente, l'influenza dei grandi templi buddhisti e dei loro sacerdoti dagli affari di Stato.
Emblematico è l'episodio di cui fu protagonista l'Imperatrice Koken, figlia dell'Imperatore Shomu, salita al trono nel 749. Fervente buddhista, come lo era stato il padre, Koken patrocinò molte cerimonie e difese i princìpi della sua fede, condannando a pene severe chiunque li avesse violati. Nel 758, abdicò a favore dell'Imperatore Junnin e si ritirò a vita monastica; nel frattempo, aveva conferito cariche importanti a un monaco, Dokyo, probabilmente per averla guarita da una malattia. Grazie ai titoli e ai privilegi ricevuti da Koken, Dokyo divenne tanto potente da costituire una minaccia per l'Imperatore in carica, che intervenne militarmente contro di lui, ma senza successo: Dokyo sventò l'attacco e l'ex Imperatrice tornò sul trono col nome di Shotoku, condannando all'esilio il suo predecessore. L'Imperatrice, quindi, accrebbe ulteriormente con altre cariche il potere del monaco che, mosso dall'ambizione, pretese perfino di essere nominato Imperatore. Era evidente che il clero buddhista dominava ormai la Corte e fu solo la morte di Koken nel 770 a determinare la fine del potere di Dokyo, che venne esiliato dalla capitale.
In seguito, la vicenda spinse gli imperatori successivi a ridurre drasticamente il sostegno alle istituzioni religiose e a spostare, nel 784, la capitale da Nara a Nagaoka, a sud-est dell'odierna Kyoto, con lo scopo di allontanare, anche fisicamente, l'influenza dei grandi templi buddhisti e dei loro sacerdoti dagli affari di Stato.
martedì 11 marzo 2008
Il periodo Nara 奈良時代 (710-784 d.C.)1
Il periodo Nara è quello in cui la capitale, sede del Governo imperiale, era Heijokyo (oggi Nara, appunto), situata nella pianura di Yamato. La città fu fondata nel 710 secondo i parametri urbanistici di Ch'ang-an, capitale cinese sotto la dinastia T'ang: riproduceva, infatti, la stessa pianta a griglia rettangolare, insieme ad altre caratteristiche dello stile architettonico e urbanistico cinese. Con i suoi 20 chilometri quadrati di estensione, Nara doveva rappresentare l'intenzione dei sovrani giapponesi di ispirarsi al modello continentale per esprimere, anche visivamente, il proprio potere.
In questo contesto, gli imperatori e le famiglie nobili vollero attingere dal Buddhismo forza e prestigio, finanziando la costruzione di splendidi templi e patrocinando importanti cerimonie. Esemplare fu lo zelo buddhista di Shomu "il Pio", imperatore dal 724 al 749, che, mosso dall'intento di proteggere il suo paese da una grande epidemia di Vaiolo e altre calamità, fece costruire un tempio in ciascuna provincia. Inoltre, commissionò grandiose costruzioni buddhiste all'interno della capitale, come il Tempio Todai-ji a Nara dove è custodito il Grande Buddha seduto (o Daibutsu), una delle statue in bronzo più grandi del mondo (è alto circa 18 metri); durante la consacrazione della statua nel 752, ovvero la cerimonia della "apertura degli occhi" del Buddha, parteciparono personaggi provenienti dalla Cina, dalla Corea e perfino dall'India.
Quello Nara è un periodo di frequenti contatti con vari paesi dell'Asia orientale ( e non solo), anche se il partner privilegiato del Giappone fu la Cina con cui, già a partire dal 701, aveva inaugurato una nuova stagione di intensi scambi commerciali e culturali. Infatti, dalla Cina i giapponesi assorbirono, oltre al Buddhismo, anche altre dottrine filosofiche, la letteratura, l'arte e le riforme politiche. Tuttavia, non si trattò di un'imitazione indiscriminata di tutto ciò che fosse cinese ma , piuttosto, di una rielaborazione originale del modello straniero, adattandolo alle esigenze indigene.
In ambito letterario, a partire dai caratteri cinesi, si sviluppò, per esempio, un sistema di scrittura giapponese distinto: assistiamo, in pratica, alla compilazione del Kojiki (712) e del Niohon Shoki (720), le prime vere opere letterarie giapponesi. Entrambe nacquero dalla concezione cinese secondo cui un governo dovesse compilare accuratamente gli eventi storici del passato come guida dell'azione politica. Tuttavia, diversamente dalle cronache ufficiali cinesi, le due opere storiche giapponesi sono attendibili solo per quanto riguarda gli ultimi 3 secoli della narrazione, mentre, per il resto, riportano episodi remoti della mitologia antica e fatti surreali. Il loro obbiettivo principale era quello di glorificare il passato della dinastia regnante Yamato, conferendole un'eredità divina. La famiglia imperiale giunse così a legittimare il proprio dominio sul Giappone, un dominio ormai totalmente consolidato dopo un lungo processo di centralizzazione del potere, iniziato nel periodo Kofun (250/300-538 d.C.).
martedì 4 marzo 2008
Susanoo 須佐之男命
Dio del mare e delle tempeste, Susanoo, ovvero "Maschio impetuoso", è una delle principali divinità (kami) del pantheon shintoista, nate dal corpo del Dio Creatore Izanaki, mentre questi compiva un rito di purificazione (harai). Si tratta di un dio straordinariamente forte e coraggioso ma anche insolente, violento e ribelle. Infatti, rifiutò l'incarico di governare il mare affidatogli da Izanaki, provocando così l'ira del padre che lo cacciò via; prima di andare in esilio, tuttavia, Susanoo si recò in cielo dove regnava sua sorella, la Dea del Sole Amaterasu con cui ebbe subito una disputa riguardo al motivo della sua venuta; avendo vinto la sfida, si mise quindi a esultare, seminando morte e distruzione a tal punto che Amaterasu, inorridita e spaventata, si chiuse in una grotta, facendo cadere il mondo nell'oscurità più totale. Fu solo grazie allo stratagemma ordito dalle altre divinità che la Dea del Sole venne trascinata fuori dal suo nascondiglio e tutto tornò alla normalità.
Intanto, Susanoo fu nuovamente costretto ad andare in esilio e si recò sulla Terra, precisamente a Izumo (antica provincia dell'Honshu sud-occidentale) dove visse varie avventure. Secondo il mito, in quella regione viveva Yamata no Orochi (letteralmente serpente di Yamata), un drago dalle otto teste, otto code e otto zampe che aveva divorato le sette figlie di un signore locale e avrebbe reclamato anche l'ultima rimasta, se non fosse stato per l'intervento del Dio delle tempeste. Infatti, Susanoo, invaghitosi della giovane, si impegnò eliminare il drago in cambio della possibilità di sposarla: fece trovare a Orochi otto enormi giare piene di liquore e, dopo che ogni testa ebbe bevuto fino ad ubriacarsi e ad addormentarsi, lo fece a pezzi con la spada.
Nel recidere una delle code del drago, Susanoo trovò una spada grossa e affilata: era la leggendaria Ame no Murakumo (letteralmente Spada del Paradiso) che il Dio pensò di donare alla sorella Amaterasu come richiesta di perdono per come si era comportato nel suo regno. La preziosa arma sarebbe poi diventata uno dei tre tesori sacri, simboli della famiglia imperiale, discendente appunto dalla Dea del Sole. Infatti, ritroviamo la stessa spada nella leggenda di Yamato Takeru che, avendola ricevuta dalla zia, la principessa Yamato, la utilizzò nelle sue imprese contro i nemici di suo padre, l'Imperatore Keiko.
Ma torniamo a Susanoo. Il Dio, dopo aver ucciso il drago, fondò a Izumo il suo regno, stabilendovi una capitale e creando così le premesse per il potere della sua discendenza. Questa avrebbe regnato su quelle terre prima di cederle ai discendenti di Amaterasu, ovvero la futura stirpe imperiale degli Yamato, la cui vittoria sugli Izumo viene esaltata, o meglio, esagerata dalle cronache del Kojiki e del Nihon Shoki. Infatti, i due annali, pur raccontando, dietro al mito, un fatto realmente accaduto (la lotta per l'egemonia tra il clan Izumo e il clan Yamato), tendono comunque a deformare la realtà storica, minimizzando, per esempio, l'importanza e l'effettiva potenza dei presunti discendenti di Susanoo.
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