martedì 27 novembre 2007

Il periodo Yamato o Kofun 古墳時代 (250/300-538 d.C.)1

A partire dalla seconda metà del III secolo d.C., si ha una nuova era archeologica che prende il nome dalla progressiva diffusione di grandi costruzioni funerarie, dette kofun, erette sulle tombe delle classi egemoni. Si tratta di tumuli di terra, la cui sagoma ricalcava un modello già utilizzato a partire dal II secolo. Nella maggior parte dei casi, questi tumuli avevano una forma "a buco di serratura"- quadrata davanti e rotonda dietro- ed erano corredati di statue cave di terracotta, chiamate haniwa, "anelli di argilla". Gli haniwa, posti in cima al tumulo o nel terrapieno circostante, riproducevano inizialmente oggetti militari (corazze, elmi, scudi ecc...) ma, in seguito, raffigurarono animali (in particolare cavalli) e persone legate al defunto (come guerrieri, musici e agricoltori). Pare che queste terracotte fossero uno staus symbol del defunto, così come i vari oggetti posti all'interno della tomba (armi specchi, gioielli e utensili agricoli).

Questi monumenti erano il simbolo del potere esercitato dai vari clan (uji) che allora governavano sull'arcipelago. Il potere di ciascun uji era diversificato e proporzionale alla dimensione e alla maestosità della tomba-kofun che riusciva a costruire. Infatti, le tombe più imponenti sono quelle concentrate nel Giappone centrale (precisamente nell'attuale provincia di Nara) e attribuite all'uji Yamato, il clan più forte che riunì tutti gli altri sotto la propria egemonia, creando così uno stato centralizzato. Per fare ciò, i signori di Yamato non ricorsero solo alla forza, alla minaccia o alla coercizione, ma anche, e soprattutto, alla negoziazione e alla persuasione, incorporando gli altri clan e coinvolgendo i loro capi nel nuovo sistema di potere. In questo modo, il clan Yamato si pose a capo di una confederazione di uji, con ciascuno dei quali stabiliva legami attraverso l'assegnazione di titoli onorifici (noti come kabane) e una proficua politica matrimoniale atta a rinsaldare le alleanze.

Ne risultò uno Stato con un sistema amministrativo fortemente gerarchizzato, il cui vertice era occupato dai capi Yamto seguiti dagli uji più vicini alla loro stirpe, i quali si occupavano di tasse e questioni militari. Man mano che diminuiva il legame di parentela con la stirpe egemone, gli altri capi uji potevano aspirare al titolo di omi (la classe ministeriale) o, in un gradino immediatamente inferiore, a quello di muraji (responsabile delle mansioni esecutive). Al di sotto e al servizio degli uji, vi erano i be, i lavoratori, raggruppati a seconda dell'occupazione che svolgevano: c'erano be di contadini, be di servitori, be di pescatori e così via. Infine, sotto i be, al livello più basso della gerarchia, stavano gli yatsuko, cioè gli schiavi.

Il periodo Kofun, contraddistinto quindi dalla presenza degli omonimi monumenti funerari e dall'ascesa dell'uji Yamato, termina nella prima metà del VI secolo d.C., quando l'introduzione del Buddhismo portò al progressivo abbandono della pratica di costruire le tombe a tumulo (a favore della cremazione) e alla trasformazione della coalizione di clan in vero e proprio Stato centralizzato su modello cinese.

martedì 20 novembre 2007

Il periodo Yayoi 弥生時代 (300 a.C-250/300 d.C.)3

Durante l'ultima fase del del periodo Yayoi (tra il II e il IV secolo circa), si verificava la trasformazione delle varie comunità territoriali che costituivano gran parte del Kyushu, dello Shikoku e dell'Honshu. All'interno di ciascuna comunità, infatti, andavano definendosi una stratificazione sociale e una organizzazione gerarchia sempre più marcate. Innanzi tutto, la presenza di grandi tombe di varia forma (circolare, quadrata o a "buco di serratura") a partire dal 100 d.C, costituisce la prova evidente dell'esistenza di una classe dirigente a capo di ciascuna comunità. Questo nucleo dominante, in giapponese, è detto Uji.

Col termine uji, tradotto generalmente con tribù o clan, si tende a indicare una sorta di famiglia allargata, i cui membri erano legati tra loro da un vincolo di sangue (reale o presunto che fosse) e sottostavano a un capo famiglia, detto uji no kami. Il capo uji era considerato il discendente diretto del dio fondatore della sua stirpe, detto ujigami, e quindi era allo stesso tempo re e sommo sacerdote, riunendo nella propria persona l'autorità ereditaria e quella religiosa. La sua importanza era inoltre rafforzata dal fatto che gli era attribuita anche la capacità di conoscenza profetica, entrando in contatto col dio attraverso il sogno. Il ruolo di uji no kami veniva trasmesso in modo ereditario insieme ai simboli del suo potere politico e sacrale: uno specchio di bronzo, una spada e un gioiello.

Sempre in quest'ultima fase del periodo Yayoi, avveniva un'altra importante trasformazione: alcune comunità uji, occupando posizioni strategiche favorevoli o disponendo di terre molto fertili e produttive, diventavano economicamente e militarmente più forti delle altre. Ciò sarebbe stato alla base di una serie di lotte per l'egemonia, durante le quali gli uji più potenti formavano alleanze coi vicini, assorbivano quelli più deboli o giungevano a veri e propri scontri sul campo di battaglia. Questi confronti si sarebbero conclusi con la nascita di una confederazione di uji guidata dal clan della pianura Yamato, nell'attuale provincia di Nara. L'uji Yamato riuscì inoltre a sottomettere tutti gli altri clan e a consolidare il proprio potere, non solo facendo affidamento sulla propria forza militare, ma anche dichiarando di discendere dalla massima divinità celeste, la dea del Sole Amaterasu Omikami. Disponendo di un tale ujigami, il clan Yamato acquisiva una posizione religiosa inattaccabile, legittimando così il proprio potere politico, ottenuto in precedenza con la forza.

L'affermazione dell'uji Yamato avrebbe quindi portato alla progressiva unificazione sociale e politica dell' arcipelago e alla formazione dello Stato giapponese. Inoltre, il capo di questo clan (l'uji no kami) e i suoi discendenti avrebbero costituito la massima autorità politica e sacrale col titolo di tenno (letteralmente "sovrano celeste"), ovvero di imperatore.

mercoledì 14 novembre 2007

Il periodo Yayoi 弥生時代 (300 a.C-250/300 d.C.)2

Durante gli scontri del periodo Yayoi, ciascuna comunità territoriale, organizzatasi attorno alla coltura del riso, stipulava alleanze strategiche con quelle vicine dando così origine a numerosi piccoli paesi. La maggior parte delle notizie che abbiamo su questi paesi in guerra tra loro, proviene dalle cronache cinesi dell'epoca. La prima di queste a fare menzione del Giappone è l' Han Shu (Storia di Han), una storia cinese composta nel I secolo d.C.. L'Han Shu, in particolare, si riferisce alla "Terra di Wa" (terra dei Nani), composta da un centinaio di "regni" guidati da capi locali, che la cronaca definisce "re" e "regine".

Una descrizione più dettagliata viene, invece, da una cronaca della metà del III secolo d.C., il Wei Chin (Storia di Wei, uno dei tre regni della Cina di quell'epoca) che racconta dello Yamatai, il più forte dei cento regni, allora governato da una regina sciamana nubile, chiamata Himiko. Secondo il Wei Chin, si trattava di una donna misteriosa, attorno alla quale ruotavano molte leggende come quella secondo cui "si occupasse di magia e stregoneria", incantando la gente. Come altri governanti, anche lei versava tributi alla Cina ricevendo in cambio la legittimazione del suo status regale, ma pare che venisse riconosciuta, dagli altri reggenti, come sovrano di tutta la terra di Wa (e non solo di un regno che la costituiva).

Per questo motivo, Yamatai viene identificato, da molti storici, con Yamato ovvero l'uji, sorta di clan o famiglia allargata, che sarebbe uscito vittorioso dagli scontri del periodo Yayoi diventando la massima autorità dell'arcipelago giapponese.

martedì 13 novembre 2007

Il periodo Yayoi 弥生時代 (300 a.C-250/300 d.C.)1

Quest' epoca, che segna un radicale cambiamento rispetto al periodo Jomon, prende il nome dal distretto Yayoi, a Tokyo, dove furono trovati i primi esemplari di un nuovo tipo di ceramica, piatta e rossiccia, decorata in modo meno elaborato ma di qualità superiore rispetto a quella del periodo precedente. Si tratta di una produzione varia e diversificata nel territorio, che presenta comunque aspetti di continuità con la ceramica Jomon. In effetti, la cultura Yayoi viene considerata come il risultato della fusione di elementi presenti nell'arcipelago giapponese fin dal 10000 a.C. con elementi nuovi portati dagli immigranti che giungevano dal continente a partire dal 400 a.C circa.

Dalla Cina, attraverso la Corea, giunsero, infatti, oggetti e prodotti nuovi come armi, specchi di bronzo e attrezzi agricoli. Ma , l'apporto più significativo di questa immigrazione fu senz'altro l'introduzione, verso il III-IV secolo a.C della risicoltura che segnò, per le isole giapponesi, l'inizio di una nuova era: infatti, la coltura del riso comportò l'aggregazione e l'insediamento permanente di gruppi di persone, insieme a tutta una serie di fenomeni sociali, religiosi e politici di cui era la causa.

Prima di tutto, lo svolgimento di questa attività richiedeva molta acqua pulita, una cura intensa e, quindi, anche di forme di collaborazione tra i coltivatori, determinando in tal modo l'importanza dei rapporti interni alle varie comunità attorno alle quali presero forma anche vari riti religiosi. Infatti, il bisogno di propiziarsi il favore degli elementi della natura per ottenere un buon raccolto, portava alla nascita del culto dello shinto (via degli dei) primitivo. Esso consisteva essenzialmente nel'ottenimento, attraverso la ritualità, della protezione delle divinità locali, i kami, con cui si identificavano fiumi, cascate, rocce, vulcani ecc...La protezione e il culto dei kami contribuirono a rafforzare i legami all'interno delle varie comunità e l'identificazione che ciascuna di esse aveva col territorio.

Infine, la risicoltura aveva determinato due fenomeni politici rilevanti: una stratificazione sociale più marcata all'interno di ciascuna comunità territoriale (col formarsi, per esempio, di un'élite dominante e di gerarchie); e una disparità di forza economica e militare tra le singole comunità, in quanto alcune disponevano di terre più fertili e produttive o occupavano posizioni strategiche migliori rispetto alle altre. Inoltre, lo sfruttamento della terra era (e sarebbe stata da allora fino agli inizi del secolo scorso) l'unica fonte di sostentamento, nonché di ricchezza e di potere. Ciò basta a spiegare la continua lotta, politica e militare, per il potere tra le varie comunità territoriali durante tutto il periodo Yayoi .

sabato 3 novembre 2007

Popolazione Jomon 縄文人口 e popolazione Yayoi 弥生人口


Gli abitanti del periodo Jomon (10000-300 a.C) sono generalmente considerati i primi coloni dell'arcipelago giapponese, giunti intorno al 13000 a.C, alla fine dell'ultimo periodo glaciale, attraverso una serie di istmi che collegavano le isole al continente asiatico. Si presume che la maggior parte di questi abitanti fosse costituita da popolazioni caucasiche preistoriche della Siberia, arrivate da Nord attraverso le Isole Curili e Sakhalin e distribuitesi successivamente su tutto il territorio.

La popolazione Jomon, costituita da cacciatori, raccoglitori e pescatori, era di bassa statura (non doveva superare i 160 centimetri di altezza), aveva aveva uno scheletro pesante, ossa delle gambe piatte e un volto ampio e squadrato. In base a questi e altri dati, gli antropologi mettono in evidenza analogie significative tra questi primi abitanti e gli attuali Ainu che vivono nell' Hokkaido (la più settentrionale delle Isole Maggiori). Infatti, secondo studi antropologici, l'etnia Ainu discenderebbe dalla popolazione Jomon, mentre i giapponesi moderni sarebbero i pronipoti degli Yayoi, caratterizzati da un aspetto più alto e slanciato e col volto meno squadrato. Arrivata dal continente (in particolare dalla Corea) intorno al 500 a.C., la popolazione Yayoi spinse gradualmente i coloni Ainu verso le regioni settentrionali dell' Honshu (l'isola giapponese più grande), e a partire dal IX secolo essi si insediarono nell'Hokkaido.

Giunti in gran numero, i nuovi arrivati avrebbero contribuito in modo più determinante, rispetto alla popolazione Jomon, nella formazione del Giappone: infatti, essi introdussero, insieme a ferro e bronzo, la cultura del riso, la cui diffusione avrebbe fatto della proprietà terriera la base della struttura gerarchica pubblica, spianando la strada al futuro predominio dei sistemi feudali.

venerdì 2 novembre 2007

Il periodo Jomon 縄文時代 (10000-300 a.C.)


Il passaggio dal Paleolitico al Neolitico si colloca, in Giappone, attorno al 10000 a.C. con la comparsa di una manifattura ceramica. Infatti, il periodo Jomon (letteralmente "del disegno a corda") prende il nome dalla pratica di imprimere con una corda o una stuoia di paglia motivi decorativi su gran parte dei vasi d'argilla prodotti in questo arco di tempo. A questa produzione ceramica si accompagna anche quella di antichi manufatti di terracotta, detti dogu, che riproducono animali o figure antropomorfe. Utilizzati probabilmente in riti superstiziosi e magici legati all'invocazione di fertilità e abbondanza, i dogu rappresentano, nella maggior parte dei casi , figure femminili con seni e addomi sporgenti.

Nonostante questo periodo trovi un elemento di continuità nel tipo di ceramica realizzata, ultimamente si tende a definire le fasi dell'evoluzione della sua cultura. Così, probabilmente, i nuclei originari di una popolazione Jomon, tra Paleolitico e Neolitico, erano costituiti da cacciatori e raccoglitori mentre, tra il IX e l'VIII millennio a.C., il riscaldamento climatico permise la disponibilità di nuove risorse e favorì lo sfruttamento dei prodotti marini, come è dimostrato dal ritrovamento di enormi cumuli di conchiglie ritrovati vicino alla baia di Tokyo. Un ulteriore mutamento si registrò tra il 5000 e il 3500 a.C. con il miglioramento delle condizioni climatiche e l'innalzamento del livello del mare che permisero uno sfruttamento più abbondante delle risorse delle coste. Il successivo abbassamento del livello del mare, avvenuto verso la metà del IV millennio a.C., avrebbe, invece , portato a una riduzione delle risorse del mare, costringendo la popolazione Jomon a uno spostamento dalle regioni costiere a quelle interne. Tuttavia, già a partire dal 2000 a.C., si assiste al ritorno della maggior parte della popolazione sulla costa confermando la loro preferenza per una vita da raccoglitori e pescatori.

Il periodo Jomon non è stato, in pratica, un momento storico statico, ma caratterizzato da un processo di evoluzione storica condizionato da cambiamenti climatici, sviluppo di nuove tecnologie e aumento della consapevolezza del trascendentale con la conseguente diffusione dello sciamanismo, del ritualismo e di nuove pratiche di sepoltura. Tuttavia, l'introduzione della risicoltura nell'arcipelago intorno al 1000 a.C e il suo sviluppo a partire del 300 a.C., insieme all'immigrazione in Giappone di nuove popolazioni, segnarono la fine di questo periodo e l'inizio di uno nuovo,il periodo Yayoi. Infatti, la cultura Jomon, fondata essenzialmente sulla caccia, la raccolta e la vita seminomade avrebbe lasciato il posto a una cultura agricola, proveniente dal continente e caratterizzata da una vita sedentaria attorno a campi fertili e dallo sviluppo di un'organizzazione socio-politica basata su comunità locali legate al territorio. Sarà proprio a partire da questi nuovi insediamenti che inizierà a formarsi e definirsi la società giapponese come noi la conosciamo.