martedì 11 marzo 2008

Il periodo Nara 奈良時代 (710-784 d.C.)1


Il periodo Nara è quello in cui la capitale, sede del Governo imperiale, era Heijokyo (oggi Nara, appunto), situata nella pianura di Yamato. La città fu fondata nel 710 secondo i parametri urbanistici di Ch'ang-an, capitale cinese sotto la dinastia T'ang: riproduceva, infatti, la stessa pianta a griglia rettangolare, insieme ad altre caratteristiche dello stile architettonico e urbanistico cinese. Con i suoi 20 chilometri quadrati di estensione, Nara doveva rappresentare l'intenzione dei sovrani giapponesi di ispirarsi al modello continentale per esprimere, anche visivamente, il proprio potere.

In questo contesto, gli imperatori e le famiglie nobili vollero attingere dal Buddhismo forza e prestigio, finanziando la costruzione di splendidi templi e patrocinando importanti cerimonie. Esemplare fu lo zelo buddhista di Shomu "il Pio", imperatore dal 724 al 749, che, mosso dall'intento di proteggere il suo paese da una grande epidemia di Vaiolo e altre calamità, fece costruire un tempio in ciascuna provincia. Inoltre, commissionò grandiose costruzioni buddhiste all'interno della capitale, come il Tempio Todai-ji a Nara dove è custodito il Grande Buddha seduto (o Daibutsu), una delle statue in bronzo più grandi del mondo (è alto circa 18 metri); durante la consacrazione della statua nel 752, ovvero la cerimonia della "apertura degli occhi" del Buddha, parteciparono personaggi provenienti dalla Cina, dalla Corea e perfino dall'India.

Quello Nara è un periodo di frequenti contatti con vari paesi dell'Asia orientale ( e non solo), anche se il partner privilegiato del Giappone fu la Cina con cui, già a partire dal 701, aveva inaugurato una nuova stagione di intensi scambi commerciali e culturali. Infatti, dalla Cina i giapponesi assorbirono, oltre al Buddhismo, anche altre dottrine filosofiche, la letteratura, l'arte e le riforme politiche. Tuttavia, non si trattò di un'imitazione indiscriminata di tutto ciò che fosse cinese ma , piuttosto, di una rielaborazione originale del modello straniero, adattandolo alle esigenze indigene.

In ambito letterario, a partire dai caratteri cinesi, si sviluppò, per esempio, un sistema di scrittura giapponese distinto: assistiamo, in pratica, alla compilazione del Kojiki (712) e del Niohon Shoki (720), le prime vere opere letterarie giapponesi. Entrambe nacquero dalla concezione cinese secondo cui un governo dovesse compilare accuratamente gli eventi storici del passato come guida dell'azione politica. Tuttavia, diversamente dalle cronache ufficiali cinesi, le due opere storiche giapponesi sono attendibili solo per quanto riguarda gli ultimi 3 secoli della narrazione, mentre, per il resto, riportano episodi remoti della mitologia antica e fatti surreali. Il loro obbiettivo principale era quello di glorificare il passato della dinastia regnante Yamato, conferendole un'eredità divina. La famiglia imperiale giunse così a legittimare il proprio dominio sul Giappone, un dominio ormai totalmente consolidato dopo un lungo processo di centralizzazione del potere, iniziato nel periodo Kofun (250/300-538 d.C.).

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