Durante il periodo Heian (794-1185), ebbe luogo una grande trasformazione del buddhismo ma, per comprenderla, bisognerebbe fare qualche passo indietro. Prima di tutto, questa religione era nata in India nel VI secolo a.C. ed era giunta dalla Cina e dalla Corea come concezione puramente intellettuale, atta a rafforzare e legittimare il potere centrale, rappresentato allora dal clan Soga e dalla casa imperiale. Infatti, quando il buddhismo fece ufficialmente il suo ingresso in Giappone nel 538, a fare presa sulle classi elevate non furono tanto le originarie concezioni di questa religione (come l'atteggiamento pessimistico verso la vita, la reincarnazione e il nirvana), quanto piuttosto l'arte, la letteratura, i cerimoniali e i poteri magici che accompagnavano la sua filosofia. Inoltre, fino all'VIII secolo, il buddhismo rimase strettamente confinato all'aristocrazia di corte, senza che le sei cosiddette sette di Nara coinvolgessero il resto della popolazione.
Tuttavia, un mutamento sostanziale della situazione avvenne proprio nel periodo in questione, precisamente all'inizio del IX secolo, quando dal continente giunsero due nuove scuole di pensiero che si diffusero maggiormente tra il popolo; entrambe furono introdotte da due monaci che avevano accompagnato la missione diplomatica in Cina dell'804. Uno di questi monaci, Kukai (744-835), noto altrimenti come Kobo Daishi (Daishi significa "grande maestro"), portò con sé dalla Cina gli insegnamenti del buddhismo tantrico e fondò come suo quartiere generale un monastero sul monte Kuya, all'estremità meridionale della capitale. Così introdusse lo Shingon (letteralmente, "vera parola"), una setta esoterica, che presentava comunque un'aspetto popolare caratterizzato da formule magiche, incantesimi per i morti e altri rituali. Lo Shingon ottenne grande popolarità negli ambienti di corte, proprio in quanto poneva l'accento sulla ritualità magica; inoltre, dato che considerava le divinità shintoiste manifestazioni locali giapponesi delle universali divinità buddhiste, esso contribuì anche alla fusione sia teologica che istituzionale delle due religioni.
L'altro bonzo di ritorno dall'ambasceria dell'804, Saicho (767-822), noto anche come Dengyo Daishi, promosse invece la costruzione di un vasto complesso monastico sul monte Hiei-zan, situato a nord-est di Heian: dato che il nord-est era considerata una direzione infausta, Saicho, per proteggere la capitale dagli influssi maligni, aveva scelto proprio il monte Hiei-zan come luogo ideale in cui fondare la sua scuola, la setta del Tendai (il nome deriva dal monte Tiantai dove il monaco aveva appreso la dottrina in Cina). Si trattava di una scuola eclettica, secondo la quale tutti gli esseri viventi potevano diventare "Buddha", giungere cioè a uno stato di illuminazione, attraverso una serie di pratiche (studi, meditazioni ed evocazioni); tale dottrina ebbe grande successo presso tutti gli strati sociali, tanto da diventare religione di stato, in quanto riuscì ad assorbire elementi provenienti da vari culti e scuole (sia buddhiste che shintoiste), adattandole a livelli diversi di comprensione individuale.
Col tempo, i complessi monastici di queste due scuole riuscirono a diventare veri e propri centri di potere alternativi alla Corte imperiale. Essi, infatti, avevano iniziato a rifornirsi di armi e a disporre di monaci guerrieri (detti sohei), non solo per dirimere contrasti politici e dottrinali interni o con altre scuole, ma soprattutto per impadronirsi con la forza di estesi spazi agricoli. Emblematico è il caso della setta Tendai, il cui tempio di Enryaku-ji sul monte Hiei-zan fu, al tempo di Saicho, il fulcro di un complesso di oltre 3000 edifici: i suoi numerosi monaci finirono per costituire un esercito in armi e perfino orde di banditi che, a partire dall' XI secolo, effettuavano sporadiche, ma devastanti, incursioni in città. Inoltre, queste sette disponevano pure di un potere magico-religioso che utilizzarono spesso per intimorire e minacciare il governo imperiale. Quindi quest'ultimo, pur non vedendo direttamente minacciata la sua autonomia dalla presenza di templi buddhisti all'interno della capitale (come era avvenuto invece nel periodo Nara), venne progressivamente privato di numerosi possedimenti terrieri, e quindi del potere effettivo, dalle nuove istituzioni religiose.
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