Durante la seconda metà del XII secolo, in Giappone si concretizzò il processo di trasferimento del potere dalla Corte e dall'aristocrazia civile (i kuge) alla classe militare, o samuraica, forgiatasi attorno alle grandi casate guerriere (i buke) che avevano consolidato potere nelle province. Discendenti dai rami collaterali di alcune prestigiose famiglie della Capitale o della stessa dinastia imperiale, i buke fecero sentire il loro peso politico e militare nel momento in cui vennero coinvolti nelle dispute per la successione imperiale; da una di queste dispute era infatti scoppiata una guerra civile nota come Hogen no ran, cioè rivolta dell'era Hogen (1156-1158), che vide contrapporsi sui campi di battaglia due clan militari delle province rivali, i Taira e i Minamoto, rispettivamente sostenitori dell'Imperatore Go Shirakawa e dell'Imperatore in ritiro Sutoku. I primi (noti anche come Heishi o Heike) discendevano dal figlio dell'Imperatore Kanmu e avevano stabilito un potere personale nelle regioni del Mare Interno, a ovest, mentre l'altro clan, quello dei Minamoto (o Genji), creato nell'814 dall'Imperatore Saga, aveva la propria sede nella regione del Kanto, a est.
I Taira, guidati dal loro leader Kiyomori (1118-1181), vinsero la guerra civile, sconfiggendo nel 1156 i Minamoto, che intanto erano sconvolti da gravi divisioni interne. Inoltre, dopo aver sventato una rivolta scoppiata nel 1159 e cappeggiata dai Minamoto superstiti e dalla famiglia Fujiwara (rivolta Heiji), Kiyomori impose il predominio del suo clan per un ventennio (1160-1180), che prende il nome di periodo Rokuhara. In questi anni, Kiyomori si stabilì a Heian dove sistemò se stesso e i membri della sua famiglia in alte cariche di Corte, sposò la figlia dell'imperatore e, nel 1180, fece salire al trono imperiale il suo nipote di soli due anni, Antoku (1178-1185). In questo modo, egli stabilì un controllo diretto sulla Corte, praticamente con gli stessi metodi usati dai Fujiwara nei secoli precedenti. Kiyomori, tuttavia, non si preoccupò di consolidare la sua posizione nei confronti degli altri clan guerrieri di provincia, appoggiandosi piuttosto alle tradizionali forme di potere; ma così facendo, le potenti famiglie guerriere non videro più in lui un'autorità capace e desiderosa di proteggere i loro interessi nelle campagne; a ciò si aggiunse il fatto che Kiyomori, a causa della sua violenza e del suo dispotismo, si rese inviso a molti, perfino a quelli che lo avevano inizialmente sostenuto.
Fu così che si venne a costituire una coalizione anti-Taira guidata da Yoritomo (1147-1199), uno dei Minamoto risparmiati da Kiyomori dopo la repressione della rivolta Heiji. Divenuto adulto sotto la custodia di un ramo minore dei Taira, gli Hojo, nel 1180 Yoritomo sfidò infatti l'autorità di Kiyomori e della Corte di Heian, approfittando della richiesta di aiuto di un principe imperiale ribelle: presto, i leaders militari di tutto il paese si misero al suo fianco. Il vasto esercito di Yoritomo riuscì ad avere la meglio sulla coalizione guidata dai Taira: dopo la scomparsa di Kiyomori (1181), i Minamoto presero la Capitale nel 1183, vi scacciarono i Taira e annientarono quest'ultimi nella battaglia navale di Dannoura (1185); in quel celebre scontro, tra l'altro, trovarono la morte molti membri della Corte, compreso l'imperatore bambino Antoku. Da questo conflitto, noto col nome di Guerra Genpei (1180-1185), Minamoto Yoritomo uscì quindi come capo militare indiscusso di tutto il paese e questo fatto avrebbe avuto conseguenze tanto grandi da inaugurare un nuovo ordine e una nuova fase della storia giapponese.
martedì 19 agosto 2008
sabato 9 agosto 2008
L'Ascesa della classe guerriera
Col periodo Heian (794-1185), si assiste al declino del governo imperiale, il quale perdeva progressivamente potere e controllo sul paese, non riuscendo mai a stabilire una totale ed efficace autorità sugli altri clan. Nel frattempo, l'effettivo potere politico ed economico era passato nelle mani dell'aristocrazia civile, capeggiata dalla più influente famiglia di Corte, i Fujiwara. Tuttavia, anche la nobiltà della Capitale aveva finito per perdere il controllo sulla vita politica ed economica del paese, rimanendo attaccata al raffinato cerimoniale di Corte e dedicando le proprie energie alle arti, alla poesia e ai piaceri piuttosto che all'amministrazione dello stato. Intanto, fuori scena, lontano dagli splendori artistici e letterari della Capitale dominata dai Fujiwara, altri protagonisti stavano lentamente gettando le basi di un Giappone del tutto nuovo.
Si trattava della nobiltà provinciale, composta da potenti leader locali e da aristocratici di basso rango, provenienti in genere da rami collaterali del clan Fujiwara o di quello imperiale, comprese le famiglie di stirpe imperiale "escluse", come i Tachibana, i Taira o i Minamoto; private del diritto di successione al trono secondo una pratica avviata sotto il regno dell'Imperatore Shomu (724-749), molte di queste famiglie avevano scelto di migliorare il proprio status trasferendosi nelle province, dove potevano acquistare alte cariche pubbliche o assumere la gestione diretta delle proprietà agricole. Oltre al prestigio sociale e al potere politico ed economico, questi "nobili di campagna", spesso disprezzati dalla nobiltà centrale, assunsero anche una notevole forza militare che avrebbe consentito loro di entrare da protagonisti nella competizione politica, dettando nuove regole e aspirando a posizioni sempre più elevate.
A determinare l'ascesa di questa aristocrazia militare delle province (i buke), a spese di quella civile della Capitale (i kuge), concorse un complessa serie di fattori economici, sociali e politici; uno di questi fu la separazione fra proprietà e possesso: in poche parole, gran parte della terra coltivabile, pur essendo proprietà privata (detta shoen) delle grandi famiglie aristocratiche di Corte o di istituzioni religiose, veniva da queste ultime lasciata in affidamento a famiglie dell'aristocrazia provinciale che avevano il compito di amministrarle in loro vece. In questo modo, mentre i legittimi proprietari, risiedenti spesso lontani dalle proprie tenute agricole, finivano per perdere il controllo diretto su di esse, e di conseguenza sui loro proventi, la nobiltà di provincia stava facendosi un'esperienza concreta di governo, consolidando sempre di più il proprio potere su terre e contadini. Inoltre, come ho già accennato sopra, i nobili provinciali riuscirono a dotarsi di una personale forza militare nel momento in cui, col venire meno della capacità del governo centrale di mantenere l'ordine nel paese, venne loro chiesto di organizzare corpi di combattenti per difendere le proprie terre dai briganti, da monaci guerrieri e da malviventi di ogni sorta.
Ciò favorì la nascita e lo sviluppo di eminenti figure di guerrieri provinciali appartenenti all'élite locale, dediti all'addestramento alle arti militari (come il tiro con l'arco o la scherma), e dotati di armature e cavalli. Fu tra il IX il X secolo che, in seguito al declino dell'esercito imperiale a coscrizione obbligatoria, rivelatosi poco efficace, la forza e il talento militare vennero esercitati in modo sempre più esclusivo da questi professionisti della guerra, inizialmente chiamati bushi (uomini d'armi) o saburai (coloro che servono), poi divenuti noti sotto il nome di samurai. Col tempo, i samurai, in origine militari e funzionari al servizio delle élites dominanti, assunsero il totale controllo sulle terre agricole, dato che la loro forza militare superò quella delle grandi famiglie dell'aristocrazia civile, che invece mostravano un profondo disprezzo per le armi e l'attività militare. Inoltre, essi forgiarono un'identità comune come classe distinta dal resto della società, dotandosi di norme comportamentali, coniando una cultura propria e, soprattutto, stabilendo al loro interno una rete di rapporti gerarchici.
Si trattava della nobiltà provinciale, composta da potenti leader locali e da aristocratici di basso rango, provenienti in genere da rami collaterali del clan Fujiwara o di quello imperiale, comprese le famiglie di stirpe imperiale "escluse", come i Tachibana, i Taira o i Minamoto; private del diritto di successione al trono secondo una pratica avviata sotto il regno dell'Imperatore Shomu (724-749), molte di queste famiglie avevano scelto di migliorare il proprio status trasferendosi nelle province, dove potevano acquistare alte cariche pubbliche o assumere la gestione diretta delle proprietà agricole. Oltre al prestigio sociale e al potere politico ed economico, questi "nobili di campagna", spesso disprezzati dalla nobiltà centrale, assunsero anche una notevole forza militare che avrebbe consentito loro di entrare da protagonisti nella competizione politica, dettando nuove regole e aspirando a posizioni sempre più elevate.
A determinare l'ascesa di questa aristocrazia militare delle province (i buke), a spese di quella civile della Capitale (i kuge), concorse un complessa serie di fattori economici, sociali e politici; uno di questi fu la separazione fra proprietà e possesso: in poche parole, gran parte della terra coltivabile, pur essendo proprietà privata (detta shoen) delle grandi famiglie aristocratiche di Corte o di istituzioni religiose, veniva da queste ultime lasciata in affidamento a famiglie dell'aristocrazia provinciale che avevano il compito di amministrarle in loro vece. In questo modo, mentre i legittimi proprietari, risiedenti spesso lontani dalle proprie tenute agricole, finivano per perdere il controllo diretto su di esse, e di conseguenza sui loro proventi, la nobiltà di provincia stava facendosi un'esperienza concreta di governo, consolidando sempre di più il proprio potere su terre e contadini. Inoltre, come ho già accennato sopra, i nobili provinciali riuscirono a dotarsi di una personale forza militare nel momento in cui, col venire meno della capacità del governo centrale di mantenere l'ordine nel paese, venne loro chiesto di organizzare corpi di combattenti per difendere le proprie terre dai briganti, da monaci guerrieri e da malviventi di ogni sorta.
Ciò favorì la nascita e lo sviluppo di eminenti figure di guerrieri provinciali appartenenti all'élite locale, dediti all'addestramento alle arti militari (come il tiro con l'arco o la scherma), e dotati di armature e cavalli. Fu tra il IX il X secolo che, in seguito al declino dell'esercito imperiale a coscrizione obbligatoria, rivelatosi poco efficace, la forza e il talento militare vennero esercitati in modo sempre più esclusivo da questi professionisti della guerra, inizialmente chiamati bushi (uomini d'armi) o saburai (coloro che servono), poi divenuti noti sotto il nome di samurai. Col tempo, i samurai, in origine militari e funzionari al servizio delle élites dominanti, assunsero il totale controllo sulle terre agricole, dato che la loro forza militare superò quella delle grandi famiglie dell'aristocrazia civile, che invece mostravano un profondo disprezzo per le armi e l'attività militare. Inoltre, essi forgiarono un'identità comune come classe distinta dal resto della società, dotandosi di norme comportamentali, coniando una cultura propria e, soprattutto, stabilendo al loro interno una rete di rapporti gerarchici.
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