Il Principe Shotoku Taishi (574-622), secondogenito dell'Imperatore Yomei, occupa una posizione rilevante nella storia giapponese in quanto promotore di importanti riforme che avrebbero consolidato l'autorità imperiale, stabilendovi uno stretto legame col Buddhismo. Inoltre, favorì l'adozione delle concezioni politiche cinesi da cui si ispirò per creare uno stato centralizzato. Fu reggente dell'Imperatrice in carica Suiko dal 594 fino alla sua morte, nel 622, costituendo una delle figure più influenti durante il dominio del potente clan dei Soga.
Avendo studiato le sacre scritture buddhiste sotto la guida di un tutore coreano, il Principe Shotoku contribuì in modo decisivo alla diffusione della nuova religione, in particolare attraverso la costruzione di numerosi templi nell'area di Auska; tra questi c'è quello di Horyuji, fondato da lui nel 607 in una zona poco distante da Nara.
Oltre l'enorme divulgazione del Buddhismo a Shotoku va attribuito anche l'inizio di una nuova stagione di contatti diretti con la Cina, inviando, per esempio, missioni diplomatiche presso la Corte dei Sui (allora dinastia regnante della Cina Riunificata). Inoltre, sulla base di questi attivi scambi, Shotoku provvide all'introduzione in Giappone di importanti riforme ispirate al modello cinese.
Infatti, nel 603, istituì il sistema cinese del cap-rank, ovvero l'abitudine di indicare la classe di appartenenza dei funzionari attraverso il tipo di copricapo indossato. Tale sistema si fondava sulla divisione dei funzionari in dodici ranghi di Corte e, in teoria, doveva premiare -come in Cina- personaggi meritevoli. Tuttavia, nella pratica, prevalse presto il criterio dell'ereditarietà mentre ceto e posizione furono determinati in base allo status familiare, e non ai meriti personali.
A Shotoku è anche attribuita la stesura della cosiddetta "Costituzione dei diciassette articoli", emanata nel 604 con l'obbiettivo di rafforzare il governo centrale, ispirandosi ai valori confuciani, buddhisti e taoisti. Più che di una costituzione vera e propria, si trattava piuttosto di una serie di precetti e regole morali per i funzionari e ministri, chiamati a servire lo Stato, a garantirne l'armonia (wa), e a rispettare il proprio rango. La costituzione divenne inoltre una sorta di legittimazione della stirpe imperiale: l'Imperatore, indicato da allora col termine tenno (letteralmente, "sovrano del cielo"), regnava in qualità di diretto discendente della dea del Sole Amaterasu, rappresentando così il legame tra Cielo e Terra, ovvero tra la divinità celeste e i sudditi, obbligati quindi a rispettare la sua volontà.
Con la morte Shotoku, nel 622, si interruppe momentaneamente il processo di riforme avviato dal Principe reggente. Infatti, il clan dei Soga, che fino ad allora esercitava il proprio potere perfino sulla dinastia imperiale, fu vittima nel 645 di un colpo di Stato guidato da Nakatomi no Kamatari, iniziatore del nuovo clan dei Fujiwara che avrebbe dominato la vita di corte per circa 5 secoli. Ciò, tuttavia, non determinò ne la fine ne la trasformazione del progetto di riforme avviato da Shotoku, proseguito invece dai nuovi reggenti.
martedì 25 dicembre 2007
lunedì 17 dicembre 2007
L'introduzione del Buddhismo e il dominio dei Soga 2
Il successo militare garantì al clan Soga una posizione predominante sulla dinastia imperiale Yamato, posizione tra l'altro rafforzata dal "monopolio", tanto politico quanto religioso, che aveva sulla nuova religione buddhista. Il potere e l' influenza dei Soga fu tale da permettere loro perfino di usurpare l'autorità del sovrano: nel 592, il capo clan, Soga no Umako, fece assassinare l'imperatore in carica, in quanto ostacolo alle sue ambizioni; al suo posto salì al trono l'imperatrice Suiko, legata ai Soga da parte materna, affiancata a sua volta da un reggente (sesshoo). Si trattava di Shotoku Taishi (574-622), principe sposato a una donna del clan Soga, che dominò per lungo tempo la scena politica giapponese, assumendo di fatto le redini del governo. Fortunatamente per la continuazione della stirpe regnante, il Principe Shotoku si dedicò al suo rafforzamento, stabilendo un solido legame tra l'istituzione imperiale e il Buddhismo.
Infatti, il Buddhismo, col suo cerimoniale e i suoi valori universali, poteva diventare per la stirpe imperiale uno strumento politicamente utile, dato che era in grado di rafforzare l'idea e il prestigio del sovrano assoluto. Inoltre, identificando la religione buddhista con la famiglia imperiale, quest'ultima acquisiva una dignità e un'autorità simile a quella del sovrano cinese. Per questi motivi, la nuova dottrina fu accolta come la religione ufficiale dello Stato Giapponese in un momento in cui questo, fallito il tentativo di espansione in Corea, mirava a consolidarsi e a rafforzarsi in vista di possibili invasioni dal continente da parte della Cina dei T'ang. D'altra parte, la Cina divenne per il Giappone non solo una potenza da temere ma anche un modello da imitare per creare uno stato unificato, forte e centralizzato; il timore dell'espansionismo T'ang avrebbe, quindi, contribuito all'accelerazione di tale processo di centralizzazione del potere, attingendo dalle istituzioni che stavano alla base dell'Impero cinese.
lunedì 10 dicembre 2007
L'introduzione del Buddhismo e il dominio dei Soga 1
Nata in India nel VI secolo a.C., la religione buddhista fece il suo ingresso in Giappone circa un millennio dopo, precisamente nel 538, data convenzionale della sua introduzione nell'arcipelago attraverso la Corea. Infatti, secondo la tradizione, il sovrano dell'allora regno coreano di Paekche avrebbe inviato all'imperatore Kinmei statue, scritti buddhisti e un messaggio sull'utilità di questa dottrina, in grado di "soddisfare tutti i desideri in proporzione all'uso" che di essa si faceva.
A quell'epoca, il Gaippone era governato dal capo del clan (uji) Yamato, considerato imperatore dell' arcipelago ma che, di fatto, esercitava un potere solo formale: infatti, non era ancora in grado di imporre l'autorità assoluta sui potenti capi locali, ciascuno dei quali godeva di una grande autonomia ed era interessato a soddisfare le proprie ambizioni. In questa situazione, l'ingresso del Buddhismo, non interessando ancora le masse popolari, determinò invece una contrapposizione fra le élites al potere, divise in favorevoli o avverse a introdurlo nel Paese. E' chiaro come la scelta di ciascun clan di favorire o ostacolare la nuova dottrina dipendesse dalla preoccupazione di tutelare i suoi interessi e prerogative. Infatti, molti clan, in particolare quelli di antica origine come i Mononobe e i Nakatomi, ricavando legittimità, potere e prestigio dai culti indigeni shintoisti, vedevano nel Buddhismo una minaccia alla posizione che occupavano e ciò li porto in guerra conto i fautori della nuova religione, i Soga.
Quello dei Soga era un clan particolarmente influente di origine coreana che, da poco insediatosi in Giappone, occupava un ruolo di mediazione commerciale tra l'arcipelago e il continente. Questo uji non vedeva quindi la legittimazione del suo potere nei dettami religiosi dello Shinto ma nel Buddhismo, inteso come strumento per rafforzare ulteriormente il proprio controllo politico sulla famiglia imperiale, pur avendo già stabilito con essa vincoli di parentela. Guidati dal loro capo clan, Soga no Umako, i Soga uscirono vincitori nel 587 dalla guerra contro i clan ostili all' introduzione del Buddhismo capeggiati dai Mononobe.
La vittoria dei Soga garantì l'arrivo nell'arcipelago di monaci, reliquie, artigiani, e costruttori di templi provenienti dalla Corea. Tutto ciò diede un'apporto significativo alla diffusione della dottrina buddhista tra le classi dominanti e alla costruzione di ricchi templi, divenuti i nuovi simboli del potere dei clan dominanti. Il Buddhismo portò inoltre con sé un bagaglio culturale che comprendeva la medicina, il Confucianesimo, la burocrazia, la gestione politica su modello cinese e, soprattutto, la scrittura, segnando così il passaggio dall' età protostorica a quella propriamente storica.
domenica 2 dicembre 2007
Il periodo Yamato o Kofun 古墳時代 (250/300-538 d.C.)2
Durante il periodo Kofun, l'autorità dei signori Yamato si estendeva non solo sulla maggior parte dell'attuale Giappone, ad eccezione dell' Honshu settentrionale e dell' Hokkaido, ma anche su alcune zone della Corea meridionale. Secondo la tradizione Giapponese, ciò sarebbe avvenuto grazie alla guerra di conquista portata dalla leggendaria "imperatrice" Jingu, regina amazzone e sciamana del IV secolo d.C.. Sebbene tale invasione risulti alquanto improbabile, il controllo sulla Corea è forse da collegarsi ai continui movimenti migratori tra Corea e Giappone durante il IV-VI secolo. Infatti, la presenza di oggetti di provenienza continentale nelle tombe-kofun e le tracce di attività giapponese nella penisola coreana, testimoniano un consistente spostamento di persone e merci tra le due regioni.
In particolare, molti uji e be avevano vincoli di parentela, rapporti commerciali e, soprattutto, alleanze militari con uno o più dei tre grandi regni esistenti nella penisola coreana tra il 300 e il 668: quello di Paekche a sud-ovest, quello di Silla nella parte sud-orientale, e quello di Koguryo (dal quale deriva il nome moderno Corea) a nord. Inoltre, nell' estremità meridionale della penisola, fra Silla e Paekche, c'era anche Kaya (detta Mimana, in giapponese), una colonia giapponese fondata da gruppi di guerrieri che erano giunti dall' arcipelago e che si erano inseriti nella guerra tra i tre regni corani.
A partire dalla metà del VI secolo, la presenza giapponese diminuì in quell'area, concludendosi definitivamente nel 663, quando la flotta del regno di Silla distrusse quella giapponese in una battaglia navale a largo della Corea. In seguito, Silla avrebbe imposto il proprio controllo sull'intera penisola, unificandola nel 668. Da allora il clan Yamato avrebbe rinunciato alle sue ambizioni espansionistiche sul continente, preoccupandosi piuttosto di consolidare il suo dominio in Giappone, dove andavano soffocate le ribellioni di alcuni uji e anche di alcune tribù aborigene dell' Honshu settentrionale.
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